Eccoci qui, al giro di boa ormai, manca poco più di un mese e anche questo anno di servizio civile volgerà al termine.
È stata un’esperienza un po’ anomala (come tutto questo anno in generale), che nonostante i migliori auguri («voi sarete sicuramente quelli che si divertiranno di più»), non è iniziata nel migliore dei modi: atterrati sul suolo spagnolo il giorno 2 marzo, dopo ben 14 giorni ci siamo trovati chiusi in casa per due mesi, senza nemmeno il tempo di prendere confidenza con la città.

I primi mesi

Fortunatamente abbiamo trovato il supporto della nostra associazione (OPES Italia) e siamo riusciti a riempire le nostre giornate tra smart working ma soprattutto iniziando a conoscerci a vicenda, eravamo comunque 6 semisconosciuti che si sono trovati a dover vivere h24 all’improvviso. Possiamo quindi dire che tra compiti da svolgere, post da programmare, ricette da provare e spese in scenari quasi post-apocalittici questi 2 mesi sono volati, nonostante sembri sia già passata una vita.

Operatori volontari pronti alla partenza
La nuova normalità

Ricordo ancora quando finalmente sono potuta arrivare alla Città della Scienza in bici o l’emozione di rivedere il mare da gennaio, sembrava tutto così irreale ma anche il poter finalmente riprendere a lavorare in ufficio al Consell e non più in pigiama da casa, avere nuovi compiti, viaggiare per lavoro (e non solo) e poter finalmente prendere confidenza con la città ma soprattutto con le persone.
Iniziare a vedere che si è parte di un team e iniziare a mettersi più in gioco con nuovi incarichi, visto che finalmente le cose stavano tornando piano piano verso la nuova normalità, quasi fosse un Servizio Civile 2.0.

Dinamico autunno
in azione

Con la fine dell’estate ci siamo ritrovati in una nuova fase, ancora più dinamica, tutti abbiamo avuto la possibilità di metterci in gioco nei campi più disparati, soprattutto cercando di imparare il più possibile. Questa voglia di arricchirsi è andata di pari passo anche con la voglia di conoscere la città, di viverla, di immergersi in un’altra cultura (per quanto molto simile). Forse per questo sono stati i mesi volati più in fretta, quelli che guardi il calendario e ti chiedi come possa essere già dicembre se l’altro giorno era il 25 agosto. È stato davvero un servizio civile strano, in un anno che lo è stato ancora di più ma comunque ha dato tantissimo in termini lavorativi e umani, di crescita e apprendimento ma soprattutto scoperta.
Io personalmente tornerò a casa con un bagaglio ricco non solo di vestiti, non credo si possa chiedere di più.

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